giovedì 28 settembre 2017

Koizumi Yakumo, Lafcadio Hearn

"Per i molti ai quali non fu dato di conoscere personalmente il Giappone, e che sempre, in una muta quanto bramosa curiosità, ricorrono alle fotografie e tengono in mano estasiati i preziosi oggetti leggiadri dell'arte giapponese per costruirsi, sulla base di tale precario supporto, un sogno multicolore di quel lontano paese, per tutti costoro Lafcadio Hearn è diventato un sostegno incomparabile e un amico." (Stefan Zweig, 1911).

Ormai un anno è passato dall'ultima volta che il progetto Kaidan è apparso sulle pagine virtuali di questo blog. Oltre un anno e mezzo, se vogliamo escludere dal conteggio la lunga digressione dedicata all'universo di Ring. Il tempo, sebbene venga scandito con estrema precisione dalle lancette degli orologi, sembra avere la strana caratteristica di comprimersi e di espandersi al di fuori del nostro controllo... Ma, lo avete capito, sto solo cercando delle scuse.
Lasciataci alle spalle Sadako Yamamura e tutta la sua mitologia, è giunto il momento di rientrare sulla carreggiata principale, quella che, attraverso cento articoli, cercherà di affrontare il tema che ci eravamo prefissati in tutta la sua interezza. E da dove ripartire se non da Lafcadio Hearn, il più celebre narratore di storie di fantasmi giapponesi?
Strano nome Lafcadio Hearn. Non sembra affatto giapponese. E avete ragione: Patrick Lafcadio Hearn era irlandese, nato da padre irlandese e madre greca... e... e come avete già intuito, ho deciso di raccontare questa storia proprio dall'inizio.

sabato 23 settembre 2017

Di settimini e di altri misteri italiani

Quando tra le proprie attività ludiche preferite vi è quella del blogger, il semplice atto di leggere un libro (e magari recensirlo) non è quasi mai una pratica fine a se stessa. Specialmente se si opera con passione e divertimento. La maggior parte delle volte, leggere un libro (ma anche guardare un film, perché no) significa chiedersi quale valore aggiunto tale esperienza possa portare alla propria creatura digitale, significa chiedersi quali nuovi meccanismi possano venire innescati da un atto apparentemente tanto semplice. A cascata significa poi chiedersi quali nuove strade si potranno percorrere.
La lettura de "Il settimino" di Fabrizio Borgio, della quale ho dato conto nel mio articolo precedente, è esattamente uno di quei casi: si gira la prima pagina credendo di trovarsi di fronte a una storia di creature fantastiche legate al folclore piemontese, e invece...
E invece ci si ritrova a riflettere su mille altre cose, apparentemente distanti anni luce l'una dall'altra: dagli archetipi in psicologia a quelle vecchie storie di delitti e di faccendieri di cui la prima repubblica italiana è stata maestra.

mercoledì 20 settembre 2017

Il settimino

Nel folklore piemontese, un bambino nato prematuro al settimo mese viene chiamato setmìn, il Settimino. Secondo tradizione, è dotato di oscuri e terribili poteri sovrannaturali. Davide Bo è un Settimino; e questa è la sua storia. 
Mi è bastato leggere queste prime righe di presentazione per convincermi, qualche mese fa, all'acquisto di questo piccolo ebook edito da Acheron e firmato da Fabrizio Borgio, due nomi di assoluto rilievo nel più recente panorama del cosiddetto "fantastico" italiano.
Sarebbero state in realtà sufficienti le prime tre parole per attirare la mia attenzione, visto e considerato quanto affascinanti possono essere certi argomenti, ma poi il mio sguardo si è posato sulle righe successive e ho perso ogni controllo: "I misteri di Stato. Le stragi. Gli anni di piombo. La strategia della tensione. I terroristi. La massoneria. I servizi deviati. E' l'Italia; e questa è la sua storia.". Quel mix di misteri italici tra loro completamente (forse dovrei dire "apparentemente") agli antipodi non poteva non far scattare in me l'istinto del compratore seriale. Ho quindi cliccato senza indugio sull'apposito pulsante dello store ed ecco che "Il Settimino" ha finito per far parte della memoria virtualmente infinita del mio reader. La piccola disponibilità di extra-tempo, concessami dai recenti pomeriggi estivi, ha fatto il resto. E quando la storia del più potente ESP al mondo si sovrappone alla storia di una nazione dalle mezze verità, dove dominano mafie, logge, rigurgiti totalitaristi e poteri occulti di ogni genere, il risultato finale non può che essere catastrofico.

venerdì 15 settembre 2017

Da donna a strega: introduzione

Che ci crediate o meno, il progetto Orizzonti del Reale non è nato per parlare di religione – non in senso stretto, almeno. Non è nato neppure per parlare di John Marco Allegro, che tuttavia lo ha monopolizzato per un bel pezzo. Volendo ora affrontare quella che chiamerò la “questione femminile”, ovvero il ruolo della donna nella pratica religiosa e più in generale nella società, credo quindi che sia giusto aprire un percorso contiguo ma parallelo. Un percorso che costituisce l’ideale punto di partenza per parlare di streghe, un argomento che non ho mai affrontato prima se non a spizzichi e bocconi. 
Vi chiederete forse in che modo le due cose siano collegate. Ebbene, è presto detto: negli ultimi anni, qui sul blog, ho sfiorato quel discorso molte volte, non ultima in occasione dell’ultimo speciale di aprile e la sua incursione in folclore e tradizioni così legati alla dimensione magica come quelli tailandesi. Mi mancava però la voglia di fare di più, dato che molti altri blog lo avevano già fatto e data la vastità e complessità della materia. Il saggio di Allegro mi ha però fornito lo stimolo decisivo (oltre che nuovi spunti) per questa riflessione, e infatti posso dire che il nucleo del post odierno sia nato proprio mentre scrivevo questa parte di OdR.

domenica 10 settembre 2017

Traditi dalla fretta #4

Sono già trascorse un paio di settimane dal giorno in cui il blog si è destato dal suo interminabile letargo estivo, e ancora sono qua a cercare di mettere insieme i tasselli di questo dannato puzzle. Immagino abbiate capito cosa intendo, no? È un po' come risvegliarsi da un lungo sonno criogenico: occorre provare a recuperare ciò che si è perso, capire cosa ci è rimasto di utilizzabile nella nuova avventura e identificare ciò di cui ci si può anche disfare.
Se il tempo me lo consentisse potrei mettermi a scrivere pagine su pagine e pubblicare almeno un post al giorno per i prossimi tre mesi, ma il mondo sul quale si sono posati i miei occhi appena riaperti è quello reale, fatto di cose reali e di impegni reali.
Non vi tedierò tuttavia con i miei soliti lamenti autunnali: per quelli è stata creata apposta la nuova rubrica "Confessioni di una maschera", di cui avete già scoperto il "numero zero"... Oddio, forse non è una bella mossa di marketing quella di presentare in questo modo una nuova rubrica, ma io sono fatto così, per cui fate finta di niente.
In tutto questo bisogna però andare avanti e quale miglior momento, quindi, per uscire con una nuova puntata di "Traditi dalla fretta"? A beneficio di coloro che non sanno ancora di cosa si tratta, posso semplificare il tutto dicendo che questa rubrica è una sorta di nodo al fazzoletto digitale: nella pratica è la macchina del tempo che io utilizzo per recuperare il tempo perduto. L'idea di base l'ho ampiamente descritta nel "numero zero" introduttivo, mentre la sua intelaiatura l'ho illustrata nel "numero uno". Non ci resta che procedere.

martedì 5 settembre 2017

George of the Dead

La prolungata chiusura estiva del blog ha lasciato numerosi strascichi, come potete ben immaginare. Mi sono lasciato indietro molte cose di cui avrei voluto parlare. Mantenere un blog non è solo osservare una programmazione standard, che cerchi di seguire e proseguire ciò che si è iniziato, bensì assecondare la scrittura "di pancia" che, proprio come in un diario, vorrebbe che le emozioni di un preciso istante possano liberarsi. Uno degli impulsi che a stento non mi ha fatto ribollire il sangue nelle vene è esploso di schianto un pomeriggio di metà luglio, solo un paio di giorni dopo la discesa del mio provvisorio sipario: era la notizia della scomparsa del buon vecchio zio George.
Ormai sono trascorsi quasi due mesi da quell'infausto giorno, ma mi piacerebbe lo stesso dedicare due parole al regista che, forse più di ogni altro (anzi, senza forse), ha rivoluzionato la logica del cinema dell'orrore.
Inizio a scrivere questo articolo senza aver ben chiaro fino a che punto potrò spingermi senza apparire noioso e melenso. Su George Andrew Romero è già stato scritto di tutto, specialmente (e inevitabilmente) nelle ultime settimane. Cosa mai potrei aggiungere?
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