giovedì 28 gennaio 2016

Orizzonti del reale (Pt.4)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Estasi è una parola che può assumere molte sfaccettature, molti significati diversi. È una parola che ha ispirato non solo saggi, come quello di Huxley, ma anche l’arte. Mi ero ripromesso di riprendere il progetto Orizzonti del reale cominciando a parlare di Timothy Leary, ma poi ho deciso di mettere un attimo da parte i saggi, anzi di dimenticarmi per un attimo della letteratura e anche di tutti i modi più colti e però magari anche più criptici in cui è possibile illustrare l'estasi umana: pittura, scultura, eccetera. Metterò da parte tutto questo, con il proposito di tornarci su in un altro momento, e mi cimenterò con la prima incursione cinematografica sul tema dell'estasi, perché nulla più del cinema può affrontare il tema in maniera chiara e diretta. Scrivo “prima incursione” di proposito, perché ne è prevista almeno un'altra e anche perché le due pellicole che tratterò oggi non sono né particolarmente famose né, di certo, le prime che vengono alla mente parlando di estasi: sono “The Addiction” di Abel Ferrara e “Sebastiane” di Derek Jarman. Oltre vent'anni le separano e per questo e mille altri motivi non potrebbero essere più diverse, ma entrambe sono in grado di proporci un’interessante riflessione sul tema.

giovedì 21 gennaio 2016

La notte chiama

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sarà come smettere un vizio, come vedere nello specchio riemergere un viso morto, come ascoltare un labbro chiuso. Scenderemo nel gorgo muti. (Cesare Pavese) 
Negli anni Settanta un massacro disumano macchia indelebilmente le pareti, e l’anima, di Villa Olmo. Chi avrà il coraggio di riaprire quella maledetta casa per ferie immersa nella pace delle Dolomiti? Perché là dentro, nel buio e nel silenzio, i fantasmi attendono, e solo altro sangue potrà placare la loro sete… 
1976: Fabio Mistretta, gestore della casa per ferie alpina Villa Olmo, compie un massacro. Ispirato da paranoie religiose, uccide dapprima la figlia minorenne Arianna, colpevole di essersi lasciata ingravidare da uno sconosciuto, poi la moglie e a seguire tutti gli ospiti rimasti ad albergare durante quelle tragiche giornate di fine stagione. 
2010: un anno dopo la morte della moglie, Michele Corsini riapre la struttura e si prepara ad affrontare una nuova stagione in compagnia del nuovo personale e dei fantasmi che gli affollano la mente. Ma si tratta solo di allucinazioni, o dopo tanti anni gli spettri di Villa Olmo stanno davvero forzando la mente dell’uomo affinché la loro vendetta si compia? E poi c’è Lorenza, la nuova, strana cameriera, che prega nel silenzio ombroso della cappella accarezzando un coltello, gli occhi accesi da una luce senza vita… Intanto, nel silenzio, un bambino mai nato piange nel buio.

venerdì 15 gennaio 2016

Sense of doubt

Eccomi di nuovo qua. Vi sono mancato? Siamo entrati già ormai da un paio di settimane in questo dannato 2016 e il vostro immarcescibile Obsidian prova finalmente a ritornare nel mondo dei vivi. Sollevando lentamente la testa da sotto le lenzuola, stropicciandosi gli occhi con fare annoiato e trattenendo senza troppa convinzione un sonoro sbadiglio, il vostro instancabile (!!!) blogger prepara il suo ritorno all’attività che gli è più congeniale, vale a dire quella di scribacchiare sul blog. Una tazza di caffè caldo, un bel muffin al cioccolato, il micio che mi gironzola attorno e nel lettore i miei vecchi dischi di Bowie che si ripetono all'infinito.
Eh sì, perché non riesco ancora a riprendermi dalla devastazione di questi ultimi quattro giorni. Ma in qualche modo bisogna guardare avanti e proseguire per la nostra strada.
A dicembre ci siamo lasciati con un post nel quale mi rammaricavo di dedicare poco tempo all'interazione con i miei lettori, pertanto riapro con un post analogo che non ha altro scopo che fare ulteriori quattro chiacchiere con voi. Solitamente, questo è ciò su cui stavo riflettendo ierlaltro: quando un blogger accenna alla mancanza di tempo non scende mai troppo nei dettagli. Ognuno ha la propria idea del tempo e della sua mancanza, un’idea che a mio parere è soggettiva, in quanto proporzionata alle abitudini di vita di ciascuno.

lunedì 11 gennaio 2016

Ashes to ashes

Oggi sarebbe dovuto essere il giorno del rientro: stamattina era infatti programmato il post con cui questo blog avrebbe riaperto i battenti dopo la lunga pausa natalizia e salutato questo 2016 pieno di aspettative. Ma poi mi sono alzato, ho acceso il notiziario e improvvisamente tutto quanto avevo immaginato ha perso di significato. La scomparsa di David Bowie è una di quelle cose che lasciano il segno, sicuramente la notizia più infausta che questo inizio di anno avrebbe potuto portarmi. 
Come molte persone della mia generazione, feci il mio primo incontro con il Duca Bianco nel 1983 quando, volente o nolente, non potei fare a meno di essere risucchiato dal successo mondiale di "Let's Dance". Non fu in quell'occasione però che me ne innamorai: quello successe  dopo, un paio di anni più tardi, quando, lo ricordo come fosse ora, mi sintonizzai a tarda sera su un canale radiofonico che aveva programmato uno speciale sulla carriera della popstar britannica. In poche ore recuperai tutto quello che c'era da recuperare, dagli esordi con Space Oddity e Hunky Dory all'era di Ziggy Stardust, dal successo di Alladin Sane  al concept orwelliano Diamond Dogs, lungo altri momenti significativi chiamati Young Americans e Station to Station. Il vero colpo di fulmine arrivo però con la celebre trilogia di Berlino, composta da tre album realizzati con il supporto di Brian Eno tra il 1977 e il 1979, vale a dire Low (ad oggi il mio preferito), Heroes e Lodger. Il seguente Let's Dance (e ancora di più il successivo Tonight, che all'epoca odiavo ma che poi ho ampiamente rivalutato) era quindi solo la punta di un iceberg dalle dimensioni spropositate che fino a quel giorno avevo ignorato.
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