venerdì 27 marzo 2015

Alla ricerca dell'osmìza perduta

Nemmeno il tempo di gustare tutti gli antipasti, dicevo in chiusura del post precedente, e l’Osmìza di Darko Zagar chiude già i battenti. Peccato davvero che il racconto di Julian Gudowski sia così breve ma, come detto, non avrebbe potuto essere altrimenti. Rimane tuttavia in bocca al sottoscritto un retrogusto strano, la vaga sensazione di un sapore che, un po’ come l’Osmìza di Darko Zagar, si è rapidamente perduto. La mia curiosità mi spinge quindi a volerne sapere di più. Così come i protagonisti de “L’Osmìza”, anch’io non posso che cercare di rinnovare l’esperienza appena terminata e allora, come mi capita di fare di tanto in tanto, prendo carta, penna e calamaio e mando un messaggio a Julian Gudowski. Mi piacerebbe innanzitutto saperne di più sulle osmize, questi luoghi leggendari non solo dal punto di vista letterario ma soprattutto da quello culinario.  Mi piacerebbe saperne di più sul territorio del Carso e su ciò che ha spinto un suo abitante ad ambientarci un racconto horror. Per quanto riguarda il primo punto mi viene già in grande aiuto il web, sul quale ho recuperato una tonnellata di informazioni e, soprattutto, una miriade di immagini meravigliose, alcune delle quali ho inserito a corredo di questo post. Non so che effetto facciano a voi tutti quei taglieri di salumi e formaggi ma, per quanto mi riguarda, sento un irrefrenabile desiderio di ingrassare di dieci chili. Ma tutto ciò mi sta facendo perdere di vista lo scopo primario di questo post, che è quello di sentire cosa ha da raccontarci l'autore de "L'Osmìza", vale a dire Julian Gudowski, al secolo Giuliano Cossu (cognome tipicamente triestino, qualcuno di voi avrà certamente osservato). Come dicevo gli ho inviato un messaggio e quello che ne segue è il resoconto di una breve quanto simpatica chiacchierata.

martedì 24 marzo 2015

L'Osmìza: orrore sul Carso

Il buon Darko serviva ai pochi, fortunati avventori il più squisito prosciutto cotto di cinghiale del Carso, con il kren più piccante e saporito dei Balcani. Poi c’era il formaggio latteria più tenero di Trieste, cosparso di delizioso olio d’oliva e semi di finocchio, accompagnato da una mostarda di cipolle così succulenta che sembrava ambrosia. Un crudo tagliato a mano che avrebbe fatto morire d’invidia i membri del consorzio dei prosciuttifici di Sauris. Ossocollo con rucola fresca e scaglie di grana in grado di scatenare il paradiso nei palati più esigenti. E poi pancetta arrosto da orgasmo, pane appena fatto, sempre caldo, uova sode che si sgusciavano in dieci secondi, e per dolce palacinke regali con marmellata di fichi. Il tutto ovviamente annaffiato da litri del miglior Terrano del sistema solare, la cosa più simile al nettare degli Dei che un comune mortale potesse degustare. Nessuna osmìza raggiungeva la qualità ultraterrena dei prodotti di Darko Zagar.
Secondo una leggenda da bar, nel cuore del Carso triestino, vicino al confine con la Slovenia, è nascosto un misterioso paradiso enogastronomico che serve i migliori vini e salumi del mondo. È l’osmìza di Darko Zagar, la Mecca delle cantine, un luogo mitico che sembra esistere solo nella fantasia degli ubriaconi della zona. Nessuno infatti ci ha mai messo piede, né conosce la strada per arrivarci. Ma c’è qualcuno che potrebbe fornirvi le giuste indicazioni: il suo nome è Julian Gudowski, pseudonimo di Giuliano Cossu, la maggior guida vivente alle meraviglie della buona cucina del Carso. Incuriositi? Ingolositi? Rimanete pure tranquilli sulle vostre poltrone, perché la verità è ovviamente ben diversa da quella che vi è stata appena ventilata. E la verità ce la racconta proprio Julian Gudowski nel suo breve racconto “L’Osmìza, orrore sul Carso”.

sabato 21 marzo 2015

Boomstick Award – Edizione 2015

E fu così che, per il terzo anno consecutivo, sbarcò su "The Obsidian Mirror" l'ambito "BOOMstick Award”, ideato da HellGraeco (aka Hell), padre biologico del blog Book and Negative. Credo che mai prima d’ora scrivere un post sia stato così facile e rapido, visto che parte del post altro non è che il regolamento del Boomstick (e come tale si può, anzi, si deve copiare e incollare dal blog sorgente) mentre il resto è in gran parte anch'esso uno spudorato copia e incolla dei post con i quali presentai le edizioni precedenti.
Eccoci quindi qua. Che dire questa volta? Sono commosso! Commosso e... scisso. Scisso perché c'è un buon 99% di me che rifugge sistematicamente da premi e premietti di ogni specie. Per il Bookstick però di solito faccio un eccezione, se non altro perché, tra i tanti che “infestano” la rete, mi permette di cavarmela senza metterci troppo impegno. Il premio, per la cronaca e per i posteri, mi è stato assegnato nei giorni scorsi da Ivano Satos del blog Beati Lotofagi, un blog che, se per un'assurda eventualità, non conoscete ancora, è dedito a "recensione libri di fantascienza, fantasy, horror, new weird e altro ancora" (ancora una volta la definizione deriva da una bassa operazione di copia e incolla). Le motivazioni? Ivano, nel suo post, ha dichiarato di aver voluto premiare il sottoscritto “perché, con la sua precisione da anatomopatologo, seziona sottili strati degli argomenti più eterogenei, creando gallerie parenchimali per una visione stereoscopica". Tutto chiaro? Bene.
L’ennesimo meme, vi chiederete? Volendo ben guardare è proprio così: trattasi di uno di quegli ormai temutissimi meme, che di tanto in tanto si fanno largo, incontrollati, nella rete. Ci sono però, come accennavo sopra, alcuni aspetti positivi che distinguono questo “award” dai propri simili: 1) non viene richiesta risposta ad una serie interminabile di domande, 2) non viene richiesta l’elaborazione di ulteriori quesiti per i successivi malcapitati, 3) l’assegnazione dell’award è un puro e semplice riconoscimento per l’attività del “vicino di casa”, il che di conseguenza fa in modo che 4) non si scatenino lunghi e interminabili “meme di ritorno”, usati sadicamente come ritorsione nei confronti dei cosiddetti “untori”.

mercoledì 18 marzo 2015

Trecento!

No, tranquilli, non è la recensione del celebre film di Zack Snyder quella che vi subirete oggi. The Obsidian Mirror giunge oggi al suo trecentesimo post e, come da tradizione, ecco arrivare puntuale come il canone RAI la solita manfrina auto celebrativa. Preferivate Zack Snyder? Vi capisco…. 
Da che parte comincio? Potrei cominciare dall’inizio, citando quel primo post, timidamente scritto in un lontano e piovoso pomeriggio di aprile, che non sono nemmeno sicuro che fosse pomeriggio e nemmeno che fosse piovoso, ma mi piace pensare che lo fosse e lo ripeto tutte le volte. Dite che è meglio stringere i tempi ed evitare di raccontare tutto ma proprio tutto? Va bene, come volete. Farò tutto il possibile per non annoiarvi, ma tenete presente che sarà impresa ardua perché quando il sottoscritto si ferma a guardare indietro, beh, di solito sa essere addirittura mortale. A beneficio di chi mi segue da poco, inizio col dire che la pratica di festeggiare il post con il “doppio zero” è una scelta che ho sempre preferito a quella classica del “bloggheanno” (o “compleblog” che dir si voglia): celebrare un centenario per me significa mettere in archivio un risultato effettivamente raggiunto, quello della scrittura, risultato che prescinde dalla variabile tempo, visto che ai compleanni ci si arriva sempre e comunque, anche scrivendo pigramente un misero post al mese (cosa che per esempio succede sul mio blog pseudo-gemello che voi tutti, mi auguro, conoscete bene).

venerdì 13 marzo 2015

Ore d'orrore: la mummia (Pt.2)

Senza nascondere una lacrima di commozione, giunge oggi al capolinea il quarto ed ultimo episodio della rubrica "Ore d'orrore".
TAH DAH! Colpo di scena! Ebbene sì, come avrete sicuramente immaginato (il banner qui a lato poteva essere un indizio), "Ore d'orrore" conclude infatti oggi il suo percorso su Obsidian Mirror. Una conclusione che potrebbe però non essere definitiva perché, attenzione, ad una prima stagione a volte ne segue una seconda, no?
L'eventualità che l'appuntamento con "Ore d'orrore" possa un giorno ritornare dipende ovviamente da tanti fattori, primo tra tutti la disponibilità di colui che scrive i testi, vale a dire il blogger itinerante, il samurai senza padrone, il wanderer della blogosfera, all'anagrafe Marco Lazzara. Il secondo fattore è il sottoscritto, ovviamente, che potrebbe decidere di far valere il suo immenso e antidemocratico potere di amministratore. Il terzo fattore infine è forse il più importante: gli antagonisti. Di cosa ci resta infatti da parlare? Quali altri mostri vogliamo scatenare addosso al nostro scienziato? Questo è un invito a tutti voi, cari lettori: lasciate una vostra preferenza nei commenti alla fine di questo post. Volete morti viventi, uomini invisibili, scienziati pazzi, lucertole giganti? Non abbiate timore ad essere cattivi e scatenate la vostra fantasia! Chissà che non siate fortunati e che il vostro guanto di sfida venga raccolto... vero dott. Lazzara?

lunedì 9 marzo 2015

Ore d'orrore: la mummia (Pt.1)

...ed infine eccoci di nuovo qua. Ancora una volta, la quarta per esattezza, il piccolo chimico piemontese torna ad essere protagonista sulle pagine virtuali di Obsidian Mirror con un nuovo capitolo della saga "Ore d'orrore".
Dopo aver regolato vampiri, mostri e lupi mannari non rimane che una sola sfida da affrontare per il nostro dottor Marco Lazzara.
Sicuramente la più terribile, la più angosciante, la più impegnativa, direte voi, miei piccoli lettori. Ma potrebbe davvero una semplice mummia impensierire un torinese? Come potrebbe un disarticolato ammasso di bende e ossa, privo di organi interni, avere qualche possibilità di fronte ad uno che tra i corridoi del Museo Egizio ci ha giocato a palla da bambino?
Questa volta tutti pronostici sembrano essere dalla parte del nostro beniamino ma, come ben sanno gli sportivi, i pronostici servono soltanto per essere smentiti. Incrociamo quindi le dita e addentriamoci senza alcuna esitazione nel vivo di questa ennesima sfida tra fantasia e realtà. Ancora una volta, come è ormai tradizione consolidata, il vostro Obsidian Mirror si mette in disparte e lascia le chiavi di casa al suo ospite. Mi raccomando di dare da bere alla pianta carnivora. L'ultima volta, al mio rientro, mi è parsa un po' sofferente...

mercoledì 4 marzo 2015

Il caso Dolores Barrios (Pt.2)

7 Agosto 1954, Monte Palomar, California. Nel corso di un congresso ufologico qualcuno aveva notato la presenza di una ragazza dai tratti somatici vagamente esotici che, confusa tra la folla, assomigliava in maniera impressionante alla descrizione degli abitanti di Venere fatta poco prima da George Adamski, noto ufologo e contattista. La cosa che più impressionava i presenti era l’intenso nero dei suoi occhi. Accanto a lei due uomini, vagamente disinteressati a quanto stava succedendo. 
Qualcuno si avvicinò alla giovane e, senza farsi troppi problemi, le fece una domanda diretta: “Siete venusiani?” La ragazza, per nulla turbata da quella singolare domanda, sorridendo rispose di no. “Perché siete qui?” insistette nervosamente il suo interlocutore. “Perché siamo interessati all’argomento”, rispose lei candidamente. “Credete nei dischi volanti?” continuò a pressarla l’uomo, sempre più nervoso. La giovane mantenendo una calma serafica rispose semplicemente di sì. “È vero che, come dice Adamski, loro [gli spaziali, ndr] arrivano da Venere?”. La risposta fu tanto decisa e risoluta quanto inquietante: “Sì, vengono da Venere”.
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