sabato 28 febbraio 2015

Il caso Dolores Barrios (Pt.1)

È praticamente impossibile iniziare questo articolo, incentrato sul misterioso caso di Dolores Barrios, senza partire dalla controversa figura di George Adamski. Di conseguenza cominciamo proprio da lì. George Adamski (1891-1965) è il nome di colui che la storia ricorderà come il più celebre ufologo contattista, nonché uno dei più grandi e incorreggibili ciarlatani dell’ultimo secolo. Ho forse detto qualcosa di sbagliato? Non credo. Tanto e troppo si è detto circa la possibilità dell’esistenza di una vita extraterrestre. Fiumi di inchiostro sono stati versati nella vana speranza di trovare da qualche parte conferme o smentite. Migliaia di individui, singolarmente o riuniti in associazioni, hanno scrutato il cielo per anni alla ricerca di un indizio, se non addirittura di una prova. Tutto inutilmente. E quindi? Quindi non sarà (ovviamente) questo piccolo blog a fornire delle risposte. Al termine di questo articolo il mondo sarà ancora diviso tra possibilisti e negazionisti. Da qualunque parte voi stiate, però, sappiate che quanto state per leggere non vuole porsi dalla parte dei negazionisti, bensì vuole portare l’attenzione sulle conseguenze a cui certe affermazioni possono portare. George Adamski è colui a cui, volenti a nolenti, dobbiamo tutti quei luoghi comuni che circolano a proposito del fenomeno dei cosiddetti “dischi volanti”. La loro stessa forma “a disco”, tra l’altro, deriva dalle fotografie che il bizzarro studioso consegnò ripetutamente ai media sin dagli anni Quaranta del secolo scorso. Allo stesso modo deriva dalle testimonianze di Adamski il nostro immaginario circa le famose “navi madri” dalla curiosa forma di sigaro.

lunedì 23 febbraio 2015

Life mimics theatre

Portata a termine, non senza fatica, la lunga maratona dedicata alle opere dello scrittore polacco Stefan Grabiński, era giunto il momento per il vostro blogger di ossidiana di tirare il fiato. E cosa c'è di meglio, in casi come questo, se non il poter contare su qualcuno che possa offrirmi l'opportunità di sedermi per un attimo in panchina e stare a guardare?
Quel qualcuno è la gothic girl per eccellenza, miei cari amici, la regina del palcoscenico, maestra di dizione, luce della ribalta, la fanciulla che fa fremere i vostri blogroll, ovvero colei che, senza indugio alcuno, ha voluto farmi il grande regalo di un guest post nel momento del bisogno.
Il suo nome? Non è difficile da indovinare, dai! Ma è bene che vi provveda ad avvertirvi che oggi, a sorpresa, la nostra ospite svestirà i panni con i quali siete abituati ad ammirarla nel suo blog, per indossare quelli, totalmente inaspettati, della metallara D.O.C.
Oggi si parlerà infatti di musica su Obsidian Mirror, si parlerà di una metal band molto particolare che, devo ammettere, non avevo mai sentito nominare fino a solo pochi giorni fa. E a proposito di musica, mi viene in mente che era davvero da molto tempo che non se ne parlava qui sul blog e, riflettendoci, quasi quasi mi viene voglia di riprendere a scriverne, magari riesumando quella vecchia rubrica intitolata “Certi concerti”, rubrica da me sedotta e abbandonata ormai due anni fa. Ma basta ciarlare di cose mie, è arrivato il momento di lasciarsi (più che volentieri) rubare la scena dalla nostra amica Elisa Elena Carollo, conosciuta anche come Drama Queen, dal nome del suo bellissimo blog. Il sottoscritto tornerà al timone nei prossimi giorni. STAY BRUTAL!   \m/

mercoledì 18 febbraio 2015

Il villaggio nero (Pt.6)

L'amante di Szamota (così come il successivo A casa di Sara) riprende e amplia il tema dell’ossessione sessuale virando, come al solito, nel metafisico.
Quando Jadwiga Kalergis fa rientro in città dopo un anno di assenza, Jerzy Szamota riceve un invito a casa sua e ha finalmente l'occasione di conoscerla. Forse il giovane dovrebbe chiedersi come mai la bellissima Jadwiga abbia scelto proprio lui tra la sua sterminata e silenziosa schiera di ammiratori, ma il suo desiderio e la sua felicità sono così intensi che non lasciano spazio a ragionamenti: tra i due nasce subito una focosa relazione. La donna è appassionata, quasi selvaggia nella sua passione. Eppure, col tempo, Szamota diviene inquieto e dubbioso. Perché le stranezze di Jadwiga sono molte. La donna gli si concede una volta alla settimana, sempre nello stesso giorno: nella camera da letto della donna, sempre in penombra o avvolta nel buio più totale, lei si presenta con il capo coperto da un velo e non pronuncia mai una sola parola. Szamota, che non è un vanitoso e non ha nessun interesse a vantarsi della sua conquista, comincia però a domandarsi perché nessuno in città sembri essere a conoscenza del ritorno della donna. Perché Jadwiga, che una volta tanto amava la vita mondana, ora trascorre tutto il suo tempo in casa? E perché sul suo corpo ci sono voglie e altri segni che somigliano stranamente a quelli presenti, nella stessa posizione, sul corpo dello stesso Szamota? Sotto le carezze di Szamota il corpo di Jadwiga sembra addirittura perdere consistenza, e se lui, quasi un anno dopo l'inizio della relazione, non è ancora arrivato a svelare la vera natura della sua amante, il lettore a questo punto della storia avrà intuito da un pezzo come stanno le cose. Fantasma, demone o materializzazione dell'ossessione amorosa di Szamota, è evidente che Jadwiga è tutto fuorché una donna comune.

lunedì 16 febbraio 2015

Il villaggio nero (Pt.5)

Vi è mai capitato di recarvi, in sogno, in un luogo talmente oscuro e misterioso da ritrovarvi, al risveglio, in preda all’angoscia e pieni di domande? Vi è mai capitato di vivere un’avventura allo stesso tempo insolita e verosimile, tanto da domandarvi poi se si è trattato di un sogno o di realtà? Un uomo sparisce dalla sua casa alle cinque di un pomeriggio qualunque per ritrovarsi catapultato in uno strano villaggio, tetro e desolato. Lì rimane alcune ore, ma alle cinque e dieci esatte, con sua enorme sorpresa, si risveglia nella sua poltrona. Tutto sembrerebbe indicare che abbia sognato, ma lui porta su di sé la prova che il suo è stato un viaggio fisico, reale, anche se al di fuori del piano della vita quotidiana – i segni di un morso sulla guancia… “Il villaggio nero”, Il racconto-simbolo che ha dato il nome alla raccolta, somiglia a una versione horror della storia di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Accanto al tema del viaggio (per una volta non in treno), troviamo quello dell’ambiente inospitale e pervaso di un’aurea maligna e della figura femminile demoniaca, il tutto ammantato di un’atmosfera esotica che tiene incollati dalla prima all’ultima pagina sebbene la trama, da un certo punto in avanti, diventi tutto sommato prevedibile. Dopo la stanza grigia ecco ora il villaggio nero, ove il nero (senza troppe sorprese) è il colore della morte. Nel villaggio nero tutto è ammantato di nebbia, una nebbia di polvere, carbone e grumi di catrame: un luogo dove la vita sembra impossibile. L’atmosfera si fa da subito onirica, o piuttosto da incubo, tra le strette vie dove l’aria è soffocante, le case dall’aspetto funebre, grigie e dai tetti neri, e il lago che, con il suo alveo di pietra, l’acqua dal fetore mefitico e i grossi, sgradevoli uccelli appollaiati nei pressi, non fa che accentuare il senso di desolazione e di abbandono.

sabato 14 febbraio 2015

Il villaggio nero (Pt.4)

La caratteristica del tempo è di scorrere; il tempo già trascorso è il passato, e chiamiamo presente l’istante in cui scorre. Ma qui non si può trattare di un istante matematico. [...] La materia, in quanto estesa nello spazio, deve essere definita, a nostro avviso, un presente che ricomincia incessantemente, e, inversamente, il nostro presente è la materialità stessa della nostra esistenza, cioè un insieme di sensazioni e di movimenti, e nient’altro che questo. E questo insieme è determinato, unico per ciascun momento della durata, proprio perché sensazioni e movimenti occupano i luoghi dello spazio e perché, nello stesso luogo, non ci possono essere più cose contemporaneamente. (Henry Bergson, “Materia e memoria: saggio sulla relazione tra il corpo e lo spirito”).
Protagonista di Saturnin Sektor è il tempo, anzi il Tempo, quell’entità immateriale che scandisce la nostra vita e che consideriamo come una linea retta immodificabile (e a senso unico) data da una successione di istanti uguali fra di loro. Un concetto, questo, che di certo non apparteneva a Grabiński: e del resto come avrebbe potuto affrontare la questione da un punto di vista così convenzionale proprio lui, che in vita ebbe la possibilità di assistere alla nascita della nuova, esaltante teoria della relatività? Ritorna però anche il tema del doppio, che qui rappresenta un lato della personalità scissa del protagonista, fatto che con un po’ d’intuito s’intuisce ben prima che giunga la parola fine senza tuttavia rovinarsi il piacere della lettura.

giovedì 12 febbraio 2015

Il villaggio nero (Pt.3)

Lo sguardo, ovvero il viatico della “discesa negli inferi” prima mentale e poi fisica di Tomasz Odonicz; un individuo normale la cui psiche senza ragione apparente collassa, si frammenta. Odonicz è un uomo come tanti altri, forse più colto della media, ma tutto cambia il giorno il cui la sua amante, Jadwiga, esce dal suo appartamento lasciando la porta aperta: quello si rivelerà essere il loro ultimo incontro perché lei morirà di lì a poco, forse per un incidente o forse suicida.
Ma, aldilà del dolore per la sua perdita, quello che lo angoscia è il gesto noncurante di Jadwiga, di solito così coscienziosa, e l’enigma espresso da quella porta aperta, quasi a celare i dettagli di un mistero. Come un velo appena appena scostato innanzi agli occhi, quel tanto che bastava per intuire che là, sull’altro lato, oltre la soglia, c’era un mistero i cui maggiori dettagli rimanevano gelosamente occultati. Nel giro di pochi mesi le paure di Odonicz giungono a vette parossistiche e la sua vita cambia radicalmente. Un folle terrore per le intersezioni tra le strade che, per lui, rappresentano un incontro con l’ignoto lo assale, e l’uomo prende a girare gli angoli ad occhi chiusi.
Col tempo arriva ad evitare quasi del tutto le strade di città, preferendo passeggiare in campagna dove la vista può correre libera per lunghe distanze senza incontrare ostacoli di sorta, e infine a lasciare sempre più di rado la sua abitazione, da cui ha eliminato qualsiasi oggetto possa fare da schermo, inclusi gli armadi. Ma non è ancora finita.

martedì 10 febbraio 2015

Il villaggio nero (Pt.2)

Come già scritto nell’introduzione, “Sui treni e nelle stazioni di Grabiński qualcosa di terribile – o anche solo di molto, molto strano – sta sempre per accadere”. E cosa c’è di più strano di un treno che viaggia senza controllo, ininterrottamente, senza che nessuno all’apparenza lo guidi e lo diriga? Dove va, e perché, quel treno? È la domanda posta in The Wandering train, racconto incluso nel volume in inglese “The dark domain” e mai pubblicato in Italia.
L’incedere del treno ha qualcosa di mistico, e mentre il personale ferroviario s’interroga e cerca il modo di fermarlo per scongiurare un disastro di proporzioni epiche che sembra solo una questione di tempo, la lotta contro “l’espresso fantasma” assume i contorni di una lotta tra programmaticità e imprevedibilità, ragione e istinto, materia e slancio vitale. Una metafora del nuovo che, come un’onda, travolge il vecchio e lo supera.
Dal ruolo di preda, l'intruso è diventato il cacciatore, e ha iniziato a minacciare direttamente il regolare, vecchio ordine delle cose. Il treno assurge a incarnazione dell’élan vital bergsoniano e prevedibilmente il suo passaggio, come testimonia la folla ammutolita, non è senza conseguenze. Se ne stanno in piedi in silenzio; non un muscolo si contrae, non una palpebra si socchiude. Se ne stanno in piedi in silenzio... Perché attraverso di loro è passato il più strano dei respiri, perché sono stati toccati da un grande risveglio, perché sono già... folli…
Capolavoro di sintesi, che dice molto raccontando poco, il racconto è tutto qui, con il suo significato più profondo racchiuso negli stupefacenti passaggi finali.

venerdì 6 febbraio 2015

Il villaggio nero (Pt.1)

La più bella scoperta letteraria dell’anno che si è appena concluso, per chi scrive, è stato un autore polacco di narrativa fantastica attivo nei primi anni del Novecento: Stefan Grabiński. E quando dico scoperta, intendo nel senso letterale del termine: prima di imbattermi nel volume “The Dark Domain” della Dedalus Book, casa editrice inglese dal vasto catalogo, non avevo la più pallida idea di chi fosse Grabiński, il “Poe polacco”!
Se fossi stato più solerte, avrei scoperto subito che esiste una versione in italiano di questa raccolta, edita dalla Hypnos con il titolo “Il villaggio nero” nel 2012, invece di doverla poi recuperare a posteriori. Che dire? Lo ammetto, non sono mai stato bravo a star dietro alle novità librarie e quindi il volume della Hypnos, a suo tempo, mi era sfuggito. Inoltre, mi piace leggere in inglese… A mia discolpa, devo dire che Grabiński è in effetti semisconosciuto ai più, perché dei numerosi racconti e romanzi, lavori teatrali, versi e poemi che scrisse in vita la quasi totalità non è mai stata tradotta nella nostra lingua. È stata proprio la casa editrice Hypnos, nel 2011, a cominciare a riproporre un paio di suoi racconti (“Nello scompartimento” e “L’Area”), per poi dare alle stampe “Il villaggio nero”. Speriamo che non si tratti dell’ultima tappa di questa riscoperta, sarebbe un vero peccato. Le note biografiche e bibliografiche in mio possesso derivano dalle prefazioni a “The Dark Domain” e “Il villaggio nero”, oltre che dalla solita wikipedia, mentre in rete mi sembra che questi racconti (almeno qui da noi) siano più o meno passati inosservati; credo se ne sia parlato diffusamente solo sul blog Weirdletter (qui), mentre il mondo anglosassone si è dimostrato più ricettivo, ma magari mi sbaglio.

lunedì 2 febbraio 2015

U.D.W.F.G. 2

A sei mesi di distanza dal precedente articolo, la sigla U.D.W.F.G. ritorna protagonista qui su The Obsidian Mirror con un nuovo entusiasmante capitolo. Ancora una volta il mio amico Michele Nitri, che conobbi tempo fa discorrendo di “Yellow Mythos”, mi ha piacevolmente sorpreso, non solo mandando puntualmente alle stampe il secondo volume della sua creatura, ma anche riuscendo a mantenerne altissimo il livello dal punto di vista della qualità dei contenuti. Innanzitutto sappiate che l’uscita di questo secondo volume risale ormai a diversi mesi fa, ma la mia proverbiale lentezza e pigrizia hanno fatto sì che ci mettessi molto più tempo del dovuto a buttare giù queste righe. A beneficio di chi si fosse perso quel mio vecchio post in cui parlammo della prima uscita di U.D.W.F.G. (che per la cronaca è l’acronimo di Under Dark Weird Fantasy Ground), cercherò di fare qui di seguito una breve sintesi.
Come già detto la volta scorsa, U.D.W.F.G. è un bizzarro contenitore che, come si può facilmente intuire, intende raccogliere e proporre tutto ciò che appartiene al lato underground del Dark, del Weird e del Fantasy. Qualcuno potrebbe considerarlo un fumetto, qualcun altro una graphic novel, qualcun altro ancora potrebbe arrivare ad innalzarlo allo stato di arte. A prescindere da come possa venire catalogato (alla fine, in fondo, tutto quello che diciamo è opinabile), dietro U.D.W.F.G. c’è un progetto vastissimo (e, di questi tempi, coraggiosissimo) la cui materializzazione è un’autoproduzione a tiratura semestrale contenente le opere di cinque nomi di rilievo nell’arte grafica: l’americano Mat Brinkman, già appartenente alla prima guardia del fumetto indipendente americano e cofondatore della scuola/collettivo Fort Thunder; Miguel Angel Martin, spagnolo, pluripremiato fumettista con alle spalle anche alcune esperienze di scrittura per il cinema; il giapponese Tetsunori Tawaraya, musicista e disegnatore, apparso su numerose fanzine in tutti gli angoli del mondo; gli italiani Ratigher, apprezzatissimo autore di Trama (definito uno dei migliori fumetti italiani del 2011) e in odor di Dylan Dog, e Paolo Massagli, autore di O.Z. (sua personalissima versione dell’omonimo racconto di Frank Baum) e disegnatore di Neromantico (graphic novel a tinte horror sull’immortale rapporto tra Eros e Thanatos).
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...