lunedì 22 dicembre 2014

A Natale salva un post!

Ed eccoci finalmente giunti al momento tanto atteso. Natale è alle porte e tra poche righe Obsidian Mirror si congederà da voi per un paio di settimane, forse anche tre. Riprenderemo le danze a gennaio con il consueto elenco di buoni propositi che, anche se verranno come mia abitudine in buona parte disattesi, sarà sempre divertente mettere nero su bianco (ehm.. bianco su nero) e magari sarà ancora più divertente rileggere ad un anno di distanza. 
Prima di scambiarci gli auguri però c’è ancora questo post odierno, un altro post in cui mi rilasserò a parlottare del più e del meno, sulla falsariga del precedente che tante visite ha generato: per la prima volta nella storia di Obsidian abbiamo superato la fatidica soglia dei 50 commenti, un risultato eccezionale che ha stracciato nettamente il precedente record. 
Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe successo? Chi mai avrebbe potuto pensare, in quei remoti giorni quando questo blog arrancava nell’indifferenza generale, che prima o poi sarebbero stati superati simili traguardi? Non vi tedierò, state tranquilli, con numeri e statistiche (quelli ormai annoiano più me che voi). Parleremo invece proprio di commenti ma, prima di andare a spiegare con maggior precisione cosa intendo (incluso il significato del titolo), lasciatemi raccontare una storia, un pezzettino della storia di questo blog.

mercoledì 17 dicembre 2014

Di blog e di bloggers

Penultimo post prima delle festività natalizie. Nell’attesa che il vostro Obsidian Mirror riesca prendersi qualche giorno di riposo, cosa che mi auguro possa capitare anche a voi, è tempo di sparare le ultime cartucce di questo 2014 bloggheresco. Tra pochi giorni saremo tutti in tutt’altre faccende affaccendati e di conseguenza non c’è motivo per non abbassare la serranda di ossidiana su questo angolo di web. Ci attendono grandi abbuffate, qualcuno riceverà magari un regalo dalla propria moglie/marito/amante, stapperemo una bottiglia di spumantino, che quella non ce la toglie neanche la crisi, e cercheremo di essere tutti più buoni. Nel frattempo continuiamo con le nostre solite attività, di lavoro o di studio che siano, cercando di non pensare ai giorni che mancano all’alba. 
Quello che occorre in questo finale di stagione è magari un post più “leggero” rispetto agli standard a cui vi ho abituati. Che ne dite? Va bene se ci dedichiamo solo a parlare del più o del meno come tanti amici al bar? E di cosa parliamo? Lo spunto è quello del famoso post di Nocturnia, uscito solo pochi giorni fa e che tante soddisfazioni ha dato al suo autore (e non solo a lui).

venerdì 12 dicembre 2014

Colui che vide Carcosa

Buon straniero, sto male e mi sono perso. Indicami, ti prego, la strada per Carcosa! (A. Bierce)


Nel suo celebre dipinto “Il sole sul cavalletto” (1973) Giorgio De Chirico ci accompagna in un teatro, la cui essenza viene suggerita dai due tendoni arrotolati ai lati. C’è una poltrona a sinistra e il cavalletto di un pittore sulla destra. Sullo sfondo una finestra si apre su un paesaggio mediterraneo. Sul cavalletto un sole giallo è unito da un filo ad un identico sole nero sullo sfondo. Una luna nera, attraverso un altro filo, è unita ad una luna gialla in primo piano, appoggiata sulle assi di legno del palcoscenico.
Una singolare rappresentazione del doppio a cui sarebbe interessante riuscire oggi a trovare una chiave interpretativa. Il saggio di Willard Bohn "The Rise of Surrealism: Cubism, Dada, and the Pursuit of the Marvelous" cerca una risposta nelle opere del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, il cui pensiero, forse più di quello di chiunque altro, influenzò il pittore. Nelle pagine del saggio l'Autore individua così gli elementi che governano l’intera produzione artistica di De Chirico: da una parte gli elementi che danno corpo all’impulso apollineo, cioè un impulso razionale, che porta equilibrio nell’uomo, dall’altra parte le ispirazioni che assomigliano invece all’ebbrezza estatica e che incorporano l’istinto dionisiaco, un impulso irrazionale alla vita. Le opere di De Chirico rappresenterebbero in quest’ottica una dicotomia, ovvero un perfetto equilibrio tra lo spirito dionisiaco e lo spirito apollineo, un’armoniosa simmetria di contrasti di cui scorgiamo l’emanazione nella dualità degli astri. 

martedì 9 dicembre 2014

Veduta di Carcosa

Si era preso un giorno per riordinare idee e appunti, cercando in Rete altre informazioni sul neopaganesimo e anche su Hastur “l’indicibile”, la misteriosa divinità citata nei libri dei Federici. Non aveva trovato che oscuri riferimenti a una fantomatica creatura che viveva in un posto chiamato “Lago di Hali”, che non era segnato su nessuna cartina geografica. Secondo gli autori di quei siti deliranti, Hastur era uno dei Grandi Antichi, creature stellari giunte sulla terra da un misterioso “universo esterno”. I nomi degli altri Antichi erano ancora più deliranti: Cthulhu, Nyarlathotep, Glaaki, Koth. A detta di un blogger olandese, molte antiche civiltà avevano adottato i culti di quelle creature, spesso mascherandole dietro alle religioni tradizionali, come per esempio il pantheon egiziano, greco e romano. Indubbiamente Brando era stato colpito da tutta quella mole di informazioni bislacche. In alcune illustrazioni poteva, infatti, distinguere dei paesaggi metafisici, con le caratteristiche della geometria non euclidea che anche il Maestro De Chirico aveva dipinto frequentemente.
Quando diversi mesi fa abbiamo iniziato questa serie di post, una delle prime questioni che ci siamo posti accarezzava la possibilità che i paesaggi descritti nel “Re il Giallo” potessero essere (o essere stati) in qualche modo reali. Ad una mente lucida potrà sembrare ridicolo il solo pensare di poter trasportare nel nostro mondo le descrizioni contenute in un libro; tantomeno, come è il nostro caso, poter ricavare qualcosa di concreto da un libro che apparentemente non esiste, uno pseudo libro, ma lo scopo di questa rubrica è proprio quello di analizzare tutte le ipotesi, prima di scartare quelle più assurde.

giovedì 4 dicembre 2014

Ore d'orrore: Frankenstein (Pt.2)

Eccoci nuovamente a noi, piccoli mostriciattoli. Non pensiate di poter farla franca nascondendovi dietro il vostro modem o infilando la testa nella tastiera virtuale del vostro tablet.
Non sarà certo un semplice schermo capacitivo a proteggervi da questo nuovo episodio di "Ore d'orrore", rubrica curata dal Fiero Alleaten Herr Doktor Lup Mann Marcus Lazzaren, ovverossia lo scienziato in camice bianco che in questo preciso istante sta già affilando le sue provette e i suoi alambicchi per lo scontro finale che si terrà poche righe più in basso.
Se una connessione lenta potrebbe, in via del tutto teorica, rimandare di qualche nanosecondo il vostro inevitabile destino, state però certi che il Van Helsing della Bassa, qui presente, farà di tutto per rimandare il più possibile la vostra fine.
Il che, se guardiamo il tutto da un'altra prospettiva, potrebbe significare solo un prolungamento delle vostre agonie... ma diciamo che per il momento è meglio non pensarci. Chi vincerà questo secondo e ultimo round? Non vi resta che mettervi comodi in poltrona, avvicinare quella vasca di popcorn che sta scoppiettando nel forno a microonde, agguantare quella fantastica birra gelata che fa capolino dallo sportello del frigorifero e poi... via le scarpe, copertina tattica, micio sulle ginocchia e... stare a guardare!
Bling, blong! Intermezzo pubblicitario: se vi sarà piaciuto lo spettacolo odierno, non dimenticate che, per la seconda serata, potete gustarvi le repliche di due miei vecchi post: quello sul Golem e quello sul Frankenstein preistorico delle isole Ebridi.
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