martedì 28 agosto 2012

La fiaba del coniglio sulla Luna

C’era una volta una foresta in cui abitavano, tra gli altri, una scimmia, una lontra, uno sciacallo ed un coniglio. Un giorno un anziano pellegrino giunse nella foresta, e lì si fermò per riposarsi. Quando i quattro amici passarono e videro il vecchio, gli si avvicinarono per rassicurarsi sulle sue condizioni ed egli disse loro: "Ho viaggiato molto e sono stanco, potrei avere qualcosa da mangiare?" E così i quattro si misero immediatamente alla ricerca di cibo.
La scimmia, grazie alla sua agilità, riuscì ad arrampicarsi sugli alberi dove colse dei frutti, la lontra in quattro e quattr’otto pescò del pesce, lo sciacallo scelse la via più facile e rubò del cibo da una casa incustodita. Il coniglio invece andò su e giù per la foresta per tutto il giorno, ma essendo privo di particolari abilità non riuscì a procurarsi altro che dell'erba e la sera si presentò al viandante mortificato e a… zampe vuote. "Non ho niente. Che cosa posso fare?" Poi ebbe un'idea. Raccolse della legna e accese un fuoco. Il coniglio quindi si rivolse così al pellegrino: "Mi faccio arrostire e tu potrai avere un buon boccone da mangiare!". Appena finito di dire queste parole il coniglio si gettò nel fuoco. Il pellegrino a quel punto si rivelò essere un Dio travestitosi da uomo per poter osservare il mondo da vicino. Commosso dal gesto di estremo altruismo del coniglio, il Dio disegnò la sua immagine sulla superficie della Luna perché fosse ricordata da tutti, e potesse illuminare con il suo esempio di sacrificio il mondo intero. Si dice che l'immagine lunare sia ancora avvolta nel fumo che si alzò quando il coniglio si gettò nel fuoco. Nelle notti serene durante la luna piena si può vedere il coniglio che dorme sul petto della luna, simbolo di generosità. Non è una storia commovente??

mercoledì 22 agosto 2012

Hell's Bells


Il tempo non fu mai clemente in quella lontana estate del 1968. Il cielo sopra Scotswood, il quartiere dove vivevo, era spesso coperto. Grossi nuvoloni carichi di pioggia nascondevano ai miei occhi, per buona parte del giorno, la vista del sole. Un’estate così non era tuttavia cosa rara nel mio paese. Non ho mai potuto godere di una vera estate così come la vedevo descritta nelle riviste. Ma a me tutto sommato non importava. Non ho mai sopportato il caldo. Solo mi auguravo che smettesse di piovere. La pioggia rende difficoltose le normali attività quotidiane, specie se non si possiede un ombrello. I capelli bagnati, le scarpe fradice, non sono sensazioni piacevoli. L’oscurità, quella sì, invece mi piaceva. No, non sto parlando della notte, mi riferisco a quella particolare oscurità che solo una spessa coltre di nubi può provocare. Niente sole negli occhi, niente riflessi sui vetri. Con la pioggia però tutto è meno, come dire, romantico. La gente si affretta per le strade, senza badare al prossimo, nessuno si perde in saluti, magari un breve cenno col capo e poi via ad inseguire le proprie faccende. Newcastle era una città sporca. Non per niente deve la sua notorietà alle proprie miniere di carbone, che ne permisero lo sviluppo a partire dal secolo scorso. Tra tutti i quartieri della città, Scotswood era forse quello più degradato. Qui si installarono le famiglie dei minatori, prima, e quelle degli operai del cantiere navale in seguito, quando le miniere si esaurirono. La gente era povera, disperata. Si sopravviveva a stento, spesso si ricorreva ad espedienti non esattamente legali. E poi c’erano le prostitute...

martedì 21 agosto 2012

Two Earths

Lo specchio. Ogni immagine riflessa in uno specchio, anche se apparentemente uguale, viene distorta: la parte destra diventa la sinistra e la realtà si trasforma in realtà illusoria, in un mondo rovesciato. Ma quale dei due mondi è davvero rovesciato? Quello che vediamo nello specchio o il nostro?  Chi sono veramente gli abitanti della realtà che si trova dall’altra parte dello specchio? Chi è quell’individuo a noi gemello, colui che guardiamo negli occhi tutte le mattine quando ci radiamo o ci laviamo i denti? Potrebbe essere qualcosa di più rispetto ad una semplice immagine di noi stessi? E se fossimo noi a vivere dalla parte sbagliata dello specchio? Se fossimo noi l’immagine riflessa di un’altra realtà? Quante volte questo pensiero si è affacciato alla mia mente. Lo specchio mi ha sempre lasciato una strana sensazione di inquietudine. C’è qualcosa che non capisco e che quasi ho paura a capire.  Ma non è di questo che volevo parlare oggi. Almeno, non solo di questo. Volevo parlare di una singolare teoria che qualcuno mi ha proposto quando ero bambino, che sembra non c’entri nulla ma…

venerdì 17 agosto 2012

Nevermore (Pt.1)

L’esistenza è un ciclo: si nasce, si vive, si muore (eccetera eccetera, a seconda dei punti di vista...). Questo riguarda le persone e tutta la sfera delle attività umane: progetti, idee e quant’altro nascono e muoiono con chi li ha creati. Se c’è qualcosa però che può aspirare all’immortalità, perlomeno nel senso terreno del termine, quella è l’arte. Ancora oggi noi possiamo ammirare opere d’arte concepite e realizzate centinaia, migliaia di anni fa. E le macchine e le banche dati oggi a nostra disposizione permetteranno di preservare ancora meglio le opere contemporanee, o perlomeno quelle di tra esse che possono essere digitalizzate perché totalmente immateriali. Come la musica. Finché esisterà il mondo così come noi lo conosciamo, o in una forma più evoluta come mi auguro, l’arte umana potrà sopravvivere ai propri creatori.
Con questo pensiero nella mente, e decisamente in ritardo, mi sono finalmente deciso a lasciare nella blogosfera il mio piccolo tributo ai Nevermore, gruppo thrash-power-prog di Seattle da molti anni tra le mie band preferite, che si formò nel lontano 1992 e si è sciolto nel 2011 tra recriminazioni varie. 

domenica 12 agosto 2012

Corpus Imperfectum

Anche dopo il trionfo di “The Artist” all’ultima edizione degli Oscar, chi continua a trovare noiosi i film muti alzi la mano. Scommetto che là fuori siete in tanti. E vi capisco, davvero. In quest’era in cui la tecnologia permette di ottenere risultati strabilianti a livello audio e video, con girati che sembrano più veri del vero, mi rendo conto che i film muti non sono per tutti. Eppure, se amate le atmosfere gotiche non potete prescindere da alcuni classici come, tanto per fare i soliti nomi, “Il gabinetto del Dr. Caligari” e il “Nosferatu” di Murnau. E naturalmente come “Golem - Come venne al mondo” (Der Golem, wie er in die welt kam di Paul Wegener, 1920), considerato un capolavoro dell’espressionismo tedesco nonostante il parere del suo stesso regista, che lo descrisse piuttosto come un film naturalista.
E pensare che da qualche anno a questa parte i registi fanno a gara a realizzare film visivamente “poveri” - i cosiddetti PoV - e che di recente addirittura è stato completato il primo film interamente girato con un iPhone… Immaginate invece cosa avrebbe potuto fare Wegener del suo film se avesse avuto a disposizione i mezzi odierni… Ma no, non ha senso ragionare in questi termini: il fascino dei film di quell’epoca sta principalmente nella loro aria vintage, nella loro diversità e anche in quello che hanno in meno, e non in più, rispetto ai film moderni. 

giovedì 9 agosto 2012

Angeli caduti

Diavolo di una Leggivendola! Che superba idea! Poco più di un mese fa, la mia cara amica e collega blogger, per festeggiare adeguatamente il duecentesimo follower del suo inimitabile blog, ha lanciato una simpatica iniziativa di “divulgazione letteraria”. Una catena di lettura, se vogliamo chiamala col suo vero nome, che in buona sostanza equivale a dire che quel simpatico diavoletto ha mandato alcuni dei suoi libri a trascorrere le vacanze a casa di altri bloggers sparsi qua e là per lo stivale.
Sebbene sia ancora ben lungi dall’aver terminato il mio compitino (quello di leggere il libro), a causa di svariati impegni familiari e di lavoro che non sto qui ad elencare, ho pensato di scrivere un post di aggiornamento. Glielo devo alla fanciulla. Mi sento un po’ in colpa per questo mese di silenzio. Potrebbe pensare che il sottoscritto (ed il suo libro con me) sia sparito nel nulla… Tutt’altro: eccomi qua. Purtroppo, visti i tempi, ho paura che questo ramo della catena finirà laddove è iniziato. Non avrò tempo di inviare il libro che ho ricevuto a qualche altro blogger. A meno che la sua proprietaria non decida di prolungare oltre il termine prestabilito di agosto/settembre, sarà a lei che lo restituirò. 

lunedì 6 agosto 2012

Danza Macabra

Let me tell you a story to chill the bones, about a thing that I saw. Il mio primo incontro con la “Danza Macabra” (o Totentanz, che dir si voglia) risale a qualche anno fa. Credo fosse il 2005 o il 2006. Avevamo deciso di trascorrere, io e la mia lei, qualche giorno in un posticino romantico, lontano dallo stress di tutti i giorni, e la nostra scelta era ricaduta su Lucerna, nella Svizzera centrale. L’idea di Lucerna mi ronzava nella mente da molti anni, dal giorno in cui, primo giorno della mia prima classe elementare, ammirai sulla copertina del mio primo quaderno la foto di un affascinante ponte coperto che, si leggeva in una nota in basso, era sito proprio a Lucerna. Quel ponte, simbolo della città, altro non è che il famoso Kapellbrücke (Ponte della Cappella), uno dei più antichi ponti di legno d’Europa risalente al 1365 che, con i suoi 204 metri, unisce la parte settentrionale della città con quella meridionale. Ricordo come se fosse oggi il momento in cui il Kapellbrücke apparve improvvisamente ai miei occhi dopo una curva. Di fronte a me l’immagine della mia infanzia, esattamente così come l’avevo vista centinaia di volte su quel quaderno (che, per inciso, ancora conservo gelosamente). Ma chi avrebbe mai detto che sarebbe stato un altro ponte, lo Spreuerbrücke (Ponte del Mulino) quello che mi avrebbe sorpreso ancora di più. Lo Spreuerbrücke sorge un chilometro più a monte ed è caratterizzato da una serie di dipinti in stile medievale sulla peste del XVII secolo. Tali dipinti ritraggono varie condizioni di uomini e donne, sacerdoti e guerrieri, principi e contadini, dai personaggi più umili ai più potenti, tutti raffigurati in balia della morte. Tutti gli uomini sono quindi uguali di fronte alla Morte, è il messaggio. Memento mori! (Ricordati che devi morire!) Scheletri danzanti si fanno beffe delle loro vittime, invocanti pietà, inutilmente piene di rimorso e disperazione. Had I danced had I pranced had I sung with them / All had death in their eyes / Lifeless figures they were undead all of them / They had ascended from hell / As I danced with the dead / my free spirit was laughing and howling down at me / below my undead body / just danced the circle of dead (Dance of Death, Iron Maiden, 2003). Ecco quindi fare il loro ingresso in scena le Danze Macabre: da quel giorno le avrei notate un po’ ovunque nel corso delle mie peregrinazioni: l’ultima a Berlino, nella Marienkirche, al cui interno  è affrescata una “Dance of Death” alta 2 metri e lunga 22.

giovedì 2 agosto 2012

Gloomy Semenov

Primi giorni di agosto immerso nell’implacabile caldo milanese. Le prospettive per questo mese che sta iniziando non sono le più allettanti: lavoro, lavoro e soltanto lavoro. Fortunatamente una buona parte dei miei concittadini ha già preso la via del mare e ciò mi permette, se non altro, di andare e venire dall’ufficio in tempi decenti, libero di sfrecciare a mio piacimento sulla Vigevanese, solitamente più simile ad un girone infernale che ad una semplice strada statale. Questo è uno dei vantaggi per chi, come me, sceglie di staccare la spina nei periodi dell’anno meno classici.
Purtroppo il caldo non è il miglior ingrediente per la realizzazione di buoni post. Le idee non mi mancano, intendiamoci. Quello che mi manca è la voglia (o la forza) di mettermi qui la sera a picchiettare sui tasti del mio laptop. Ad ogni modo mi ero ripromesso di non mollare e non ho intenzione di farlo proprio adesso che il mio blog ha iniziato, dopo oltre un anno di solitudine, a dare i suoi frutti in termini di followers. Non moltissimi per la verità, qualcuno potrebbe obiettare, ma per adesso mi va bene così: dopotutto non sono qui per collezionare followers come fossero figurine. Tra l’altro credo che il numero di followers (e il numero di commenti) vadano di pari passo con il livello di interesse che quello che si scrive riesce a suscitare. Di conseguenza sono io l’unico che può portare questo blog verso il successo o verso la rovina. Mi auguro davvero che si avveri la prima ipotesi, non tanto per la mera ambizione di divenire uno dei cosiddetti “influencer blogger” (non aspiro a tanto e nemmeno ne potrei sopportare le responsabilità), quanto perché credo sia più soddisfacente scrivere non solo per se stessi ma anche per gli altri. Sbaglio? Ditemelo voi… Ad ogni modo mi accorgo che mi sto perdendo in chiacchere. Oddio, a me le chiacchere piacciono anche, ma forse non sono queste le cose che cercano gli occasionali visitatori del mio blog (o si?).

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